Autore e traduttori
Prosegue il nostro viaggio alla ricerca dei contributi più interessanti relativi al mondo della traduzione e dintorni.
Questa volta paliamo del rapporto tra autori e traduttori, dell’anomalia italica che vede non le case editrici, bensì i traduttori, a contattare gli autori per confrontarsi sul testo da tradurre.
Ce ne parla Massimo Carlotto, sulla rivista online “rivistatradurre.it”.
“Un autore e i suoi traduttori”
di Massimo Carlotto
“La traduzione e la pubblicazione delle proprie opere da parte di editori stranieri, per uno scrittore, può diventare nel tempo un’esperienza importante che si inserisce a pieno titolo nella complessità dell’attività professionale.L’aspetto apparentemente anomalo è che il coinvolgimento dell’autore non avviene quasi mai da parte degli editori ma dei traduttori.Infatti, quando non si crea la relazione traduttore-autore l’esperienza è inesistente perché a senso unico. Un giorno arriva a casa la copia di un libro che per lo scrittore non ha nessuna storia interessante alle spalle. Magari il lavoro di traduzione è stato svolto correttamente e con grande passione, ma non ha titoli per rientrare nell’esperienza professionale perché vissuta passivamente.
Un’occasione mancata. Al contrario, ogni volta che ho conosciuto coloro che per professione si sono occupati dei miei romanzi, si è sempre creato un intenso rapporto di scambio e conoscenza reciproca. Anche sul piano umano, condizione non necessaria ma indubbiamente di grande fascino e arricchimento.
Laurent Lombard in Francia, Hinrich Schmidt-Henkel in Germania, Antony Shugaar negli Stati Uniti, Christopher Woodall in Inghilterra sono i traduttori con cui ho sempre avuto un rapporto privilegiato.
All’inizio un’email piena zeppa di domande e richieste di spiegazioni, che ha come obiettivo la necessità di «entrare nella testa dello scrittore», come ha detto una volta Shugaar. E poi approfondimenti e incontri ritenuti necessari da entrambi. E infine i festival e i dibattiti. Spesso mi sono chiesto perché altri traduttori non avevano avvertito l’esigenza di contattarmi. Talvolta ho posto direttamente la questione e mi è sempre stato risposto che non ce n’era bisogno perché il testo era chiaro e privo di difficoltà. Una concezione altra e legittima, credo. E d’altronde non si può misurare la bravura su tale parametro. Certo, l’autore, se non conosce la lingua in modo così approfondito da poter verificare la bontà della traduzione, si sente ovviamente più “rassicurato” se è avvenuta con la sua collaborazione nel chiarire senso e uso delle parole.
Ho sempre chiesto ai miei traduttori di firmare insieme le copie, quando siamo alle presentazioni. Non tutti sono d’accordo. Qualcuno ha posto il problema delle usanze locali, ma io insisto sempre, perché ho imparato nel tempo che la traduzione, nella sua complessità, vive di un’indipendenza evidente dal testo originale e dall’autore. È vero anche che mi è capitato un caso di indipendenza trasformata in secessione, al punto che un recensore, che aveva letto entrambi i testi, si sentì in dovere di porre pubblicamente il problema e la casa editrice italiana decise (giustamente, a mio avviso) di rivedere il contratto.
Ma, al di là di questi incidenti di percorso, mi è sempre sembrato un riconoscimento dovuto e necessario.
Forse sono stato fortunato, ma ho incontrato professionisti che non hanno mai rinunciato a mettere in evidenza la loro professionalità, frutto di un lungo e difficile percorso d’apprendimento in cui la dimensione letteraria fa parte, a pieno titolo, delle loro scelte.
Dettaglio non indifferente, quando si ha a che fare con un autore di genere. Conoscerlo in tutte le sue declinazioni è decisivo. Una traduzione spagnola di basso profilo in questo senso mi ha creato non pochi problemi…
Traduttori non ci si improvvisa. Mai. Per fortuna.
Illuminanti, in questo senso, gli atelier del Festival du premier roman di Chambéry. Dove autore, traduttore e allievi di corsi dedicati si misurano su alcune pagine di un testo. Credo siano stati questi confronti serrati e a volte straordinariamente complicati a fornirmi le coordinate precise per «entrare nella testa del traduttore» e per comprendere quanto importante sia ai fini della fortuna editoriale di un romanzo.
Mi rendo conto che non praticandola, le mie idee e suggestioni sulla traduzione rimarranno quelle di un profano. E non sono così certo che quanto scritto finora sia corretto dal punto di vista di un traduttore. Quello che posso affermare con certezza è che da questo intreccio di intelligenze e professionalità dedicate alla traduzione ho imparato molto sul “romanzo” e sull’importanza di alcuni aspetti della scrittura.”
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