Localizzazione e Brand. Strategie di adattamento
Riportiamo oggi un articolo approfondito ed illuminante su quelle che sono le strategie necessarie da attuare per localizzare il proprio marchio.
L’articolo, intitolato “Localizzazione e strategia di brand: come adattare la comunicazione web ai diversi target internazionali” è stato pubblicato sulla testata on line Event Report.
“Il mercato è globale, ma gli utenti sono locali. Per comunicare efficacemente con i pubblici di diverse aree del mondo occorre perciò localizzare, cioè “adattare” un brand o un prodotto a una determinata lingua e cultura, in modo che sembri “naturale” in quel particolare contesto. Localizzare significa quindi andare oltre la semplice traduzione dei messaggi, per creare invece una comunicazione che tenga conto anche di lingua, cultura, costumi, norme e altre caratteristiche formali del target locale cui ci si rivolge, pur preservando l’identità originale del brand o del prodotto.La localizzazione è una strategia di brand da adottare anche nei siti web, oggi strumenti di comunicazione imprescindibili: il manuale Brands & Localization (scaricabile gratuitamente lasciando i propri dati) pubblicato da Smartling, società statunitense che offre consulenza per realizzare siti web multilingue, illustra come localizzare efficacemente un sito web in brevi e semplici step. Eccoli:
1. Conoscere la realtà locale
Il primo passo da compiere è comprendere le specificità dell’area, ed è perciò assolutamente essenziale condurre ricerche prima di “localizzare” un marchio. Gli aspetti da indagare riguardano per esempio le caratteristiche principali della cultura locale, le lingue parlate, la percezione del marchio e di eventuali altri marchi o prodotti similari già presenti sul mercato, il contesto valoriale che può rendere la marca rilevante per i consumatori.
2. Tradurre tutti i testi
L’operazione di adattamento alla cultura locale passa innanzitutto dalla traduzione nella lingua madre degli utenti target di tutti i testi di comunicazione legati al brand o al prodotto: sito web (home page, landing page, etc.), servizio clienti, manuali d’uso, eventuali cataloghi, informativa sulla privacy, norme del contratto. La traduzione può richiedere anche un ulteriore adattamento, per esempio al sistema di scrittura, al layout di tastiera dei computer, ai caratteri in uso, al sistema di date e calendari, alle monete in uso, all’uso della punteggiatura, ai format di presentazione (per paragrafi, bullet point, etc.), alla modalità di lettura (da destra a sinistra o viceversa) che può comportare anche la totale rivisitazione del design della pagina web o del logo.
3. Adattare il design
Non basta utilizzare la lingua locale: anche la presentazione dei contenuti, il design, va adattato alle abitudini e alle preferenze degli utenti. Può essere utile comprendere infatti se c’è una maggiore tendenza a usare simboli, immagini e metafore oppure se si preferisce una comunicazione diretta, esplicita, che segua un rigoroso percorso logico. Questo discorso è ancora più necessario per le applicazioni web. I tedeschi preferiscono per esempio applicazioni chiare e funzionali, i cinesi danno importanza all’aspetto accattivante oltre che alla facilità di utilizzo, i giapponesi apprezzano applicazioni distinte per genere sessuale mentre gli americani le possibilità di personalizzazione.
4. Mantenere l’identità
Tutto il processo di localizzazione deve essere svolto cercando al contempo di mantenere intatta l’identità originaria del brand o del prodotto, in modo che restino evidenti le caratteristiche (valori, personalità, rapporto con l’utente) che lo distinguono e gli assegnano una riconoscibilità globale.
5. Gli strumenti
Per effettuare una corretta localizzazione della comunicazione, gli esperti di Smartling indicano tre strumenti a disposizione delle aziende: i software di traduzione automatica (veloci e low cost, sono però poco adatti a tradurre le complessità dei contesti culturali e linguistici regionali); i traduttori professionisti (esperti, più costosi, consentono un controllo totale sul risultato finale ma sono da coordinare); il crowdsourcing, coinvolgendo community online di traduttori volontari e appassionati del brand, (se c’è alto interesse tra gli utenti locali per il brand o il prodotto è possibile coinvolgerli in traduzioni non retribuite, come accade per Wikipedia). La soluzione che garantisce i migliori risultati è integrare il lavoro dei traduttori professionisti con quello delle community e dei fan, che uniscono creatività e conoscenza diretta dell’esperienza di brand.”
La parte più difficile della localizzazione dei brand è farsi pagare (adeguatamente) il servizio.
La realtà del mercato sembra schiacciare i prezzi e prediligere i servizi di revisione alla traduzione automatica, le crowd-translations e le aziende che fanno micro-traduzioni-umane-semi-automatizzate. Pagare 1/2k€ per la traduzione di una parola, sembra pura follia… o sbaglio?
Buongiorno Claudio,
grazie per essere passato.
Siamo d’accordo sul fatto che il mercato, purtroppo, stia spingendo i prezzi verso il basso.
Sono anche convinta, però, che nel giro di qualche mese, se le aziende vorranno seriamente provare a rimettersi in discussione approcciando con competenza il mercato estero, dovranno rivedere la propria idea di budget da riservare all’internazionalizzazione in tutte le sue fasi.
Sul discorso del post editing delle traduzioni automatiche e compagnia bella, ritengo che, nonostante io non approvi affatto, una parte del mercato andrà inesorabilmente in quella direzione. Mi riferisco a multinazionali altamente automatizzate sia sul fronte del prodotti che erogano che dei processi alla base degli stessi.
Credimi, però, se ti dico che un’altra grossa fetta di mercato non potrà affidarsi a quelle soluzioni.
Mi riferisco alla moda, all’editoria, alle telecomunicazioni e via dicendo, le quali accettano di pagare prezzi decisamente molto più alti perché hanno bisogno di traduzioni a) in tempo reale; b) altamente evocative. E questo non può prescindere da certi costi.
Grazie ancora
Viviana