Perché tradurre se conosciamo l’inglese?
La percezione comune è che l’inglese rappresenti una sorta di lingua franca globale. Se più o meno tutti conoscono l’inglese, che senso ha la professione del traduttore? O ancora prima, perché esiste la professione del traduttore?
Va detto, innanzitutto, che la percezione del potere della lingua inglese può essere fuorviante. Secondo Wikipedia l’inglese è parlato, come prima lingua, da circa 400 milioni di persone e quasi due miliardi di persone nel mondo sarebbero in grado di parlarlo. In realtà, ci sarebbero altre lingue a contendergli il primato quali il cinese e l’hindi.
L’inglese, però, è innegabile, ha le sue radici saldamente ancorate in tutto il mondo determinando, però, una distribuzione sbilanciata del sapere e una sofferenza delle altre lingue che si traduce in carenza di risorse per lo sviluppo delle stesse.
Conoscere l’inglese, d’altro canto, non significa saperlo parlare e soprattutto scriverlo correttamente. La padronanza grammaticale, sintattica e semantica di una lingua è di esclusivo appannaggio del madrelingua.
Ecco quindi l’importanza del traduttore: più l’inglese è utilizzato nel mondo più è difficile trovare persone che lo usino senza problemi.
I traduttori ci aiutano a evitare tutti i possibili errori e incomprensioni.
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